Maria e Gesù ricoprono il ruolo importante nella dottrina e nei racconti cristiani; ma San Giuseppe?
Narrare di San Giuseppe, nel giorno del primo maggio, festa dei lavoratori, vuol dire creare un ponte tra la cristianità (che tanto rappresenta nella cultura mondiale) e la visione sociale in cui il “lavoro” deve essere veicolo per una vita migliore. Un buon cristiano sa che deve lavorare per crescere una famiglia in maniera attenta e fiduciosa ma, spesso, ci si dimentica cosa voglia dire “lavorare”; eppure dovrebbe essere facile: basterebbe guardare la figura quasi velata di San Giuseppe, sposo di Maria.
Papa Francesco ha detto: “La figura di Giuseppe, seppur apparentemente marginale, discreta, in seconda linea, rappresenta invece un tassello centrale nella storia della salvezza”
L’ebraico Yôsep (Giuseppe), è un nome augurale per chi desidera una famiglia numerosa, infatti significa “il Signore aggiunga” (al bambino nato), tanti altri ancora. Nome popolare nella Bibbia, è portato da personaggi illustri della storia d’Israele, dal figlio di Giacobbe e Rachele, venduto come schiavo dai suoi fratelli per gelosia, ma divenuto poi governatore d’Egitto (Gen 37-42), al marito di Maria. Fabbro, falegname, carpentiere. San Giuseppe era tutto questo – come insegnano i Vangeli – oltre a essere lo sposo di Maria e il padre terreno di Gesù. Con la sua vita di onesto lavoratore, San Giuseppe nobilita il lavoro manuale con il quale mantiene la sua Santa Famiglia e partecipa al progetto della salvezza.
Il lavoro: partecipazione al disegno divino
Come quei padri che insegnano il proprio lavoro ai figli, così fa anche Giuseppe con Gesù. Egli stesso, più volte, viene chiamato nei Vangeli “il figlio del carpentiere” oppure “del legnaiuolo”. Più di tutti, quindi, San Giuseppe rappresenta la dignità del lavoro umano che è dovere e perfezionamento dell’uomo che così esercita il suo dominio sul Creato, prolunga l’opera del Creatore, offre il suo servizio alla comunità e contribuisce al piano della salvezza. Giuseppe ama il suo lavoro. Non si lamenta mai della fatica, ma da uomo di fede la eleva a esercizio di virtù, sa essere sempre contento perché non ambisce alla ricchezza e non invidia i ricchi: per lui il lavoro non è un mezzo per soddisfare la propria cupidigia, ma solo strumento di sostentamento per la sua famiglia. Poi, come viene prescritto agli ebrei, il sabato osserva il riposo settimanale e prende parte alle celebrazioni. Non deve stupire questa concezione nobile del lavoro più umile, quello manuale: già nell’Antico Testamento, infatti, Dio viene simboleggiato di volta in volta come vignaiolo, seminatore, pastore.
La festa di San Giuseppe Artigiano
Fu istituita ufficialmente da Pio XII il Primo Maggio del 1955 per aiutare i lavoratori a non perdere il senso cristiano del lavoro così espresso, ma già Pio IX aveva in qualche modo riconosciuto l’importanza di San Giuseppe come lavoratore quando proclamò il Santo patrono universale della Chiesa. Il principio del lavoro come mezzo per la salvezza eterna sarà ripreso anche da Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Laborem Exercens, in cui lo chiama “il Vangelo del lavoro”. Sembra, poi, che anche il card. Roncalli – futuro Giovanni XXIII – eletto al soglio di Pietro avesse pensato di farsi chiamare Giuseppe, tanto era devoto al Santo padre terreno di Gesù. Infine, devoti di San Giuseppe sono stati anche molti altri Santi vissuti dopo di lui, come Santa Teresa d’Avila.
Al contrario dell’Italia, ma dell’Europa in genere, in altri paesi del mondo, forte è il legame col Santo Lavoratore. Importantissimo è il rilievo che ha nei paesi sudamericani i quali conservano e tramandano anche una tradizione musicale straordinara. Esempio è “Himno a san José” proposto in questo video https://www.youtube.com/embed/qWxGT7TUZ5g
nella versione della comunità “Canto Catolico”.